I Big Data mettono in forte discussione il concetto di privacy nell’epoca del web 2.0 e dei social network
Siamo sorvegliati. In senso decisamente poco metaforico. Online, ogni nostro movimento viene tracciato, raccolto e analizzato. Il Grande Fratello degli anni duemila è costituito dai Big Data, un enorme database di informazioni che vengono costantemente raccolte per essere analizzate e quindi interpretate per trovare soluzioni alle sfide del mondo reale. È per questo che le aziende sono sempre alla ricerca dei data scientist, professionisti in grado di estrapolare dai numeri delle indicazioni fondamentali per indirizzare le strategie aziendali.
Un’azione, una traccia
- Foto geolocalizzate
- Post sui social network
- Transazioni finanziarie
Tutti questi e molti altri sono dati che le imprese possono analizzare per studiare il comportamento delle persone e individuare dei veri e propri trend.
Il raccoglitore di informazioni per eccellenza è ovviamente Google, che ha messo a disposizione degli utenti in modo totalmente gratuito diverse funzionalità:
- il motore di ricerca
- il broswer Chrome
- Google Maps
La compagnia di Mountain View ha trovato il modo di avere comunque un ritorno in termini di informazioni acquisite. Ogni traccia lasciata nel mondo digitale viene infatti raccolta nei database di Google ed elaborata tramite gli algoritmi realizzati dai data scientist per ricavare correlazioni e tendenze. È questo che permette a Google di realizzare pubblicità personalizzate per gli utenti e proporre loro offerte ad hoc.
I giganti ci controllano
Per fare alcuni esempi, si pensi a giganti dell’e-commerce come Amazon o società produttrici di contenuti come Netflix. Questi colossi si servono dei dati di navigazione per proporre agli utenti potenzialmente interessati dei contenuti precisi, in modo da andare incontro ai loro gusti in fatto di videogiochi, libri o serie tv.
Allo stesso modo, un social network come Facebook è in grado di risalire a informazioni riguardanti la vita privata di un utente a partire dagli stati che pubblica e dai post ai quali mette ‘Mi Piace’. Per esempio, queste azioni sono indice di una maggiore o minore stabilità emotiva e danno modo di capire se una persona è soddisfatta o meno della sua vita privata.
Per questo motivo la domanda sorge spontanea: è giusto parlare di Big Data o sarebbe più corretto parlare di Big Brother?