Pepsi Cola, un logo che si rinnova
L’importanza del brand
Sono ormai diversi anni che si sottolinea l’importanza del logo per un’azienda: deve questo corrispondere ai valori che il gruppo intende esprimere, andare incontro ai desideri dei clienti principali e deve, soprattutto, rimanere impresso nella mente di chi lo vede. Queste sono solo alcune delle motivazioni che spingono le aziende a investire per modificare o rinnovare l’identità visiva del brand. Anche i brand infatti “invecchiano” e, con essi, gli espedienti grafici che per anni li hanno caratterizzati. Ma è davvero così giovane come pensiamo la competizione a colpi di brand identity? Forse non troppo. Anche volendo tralasciare l’arcaica usanza di apporre un marchio ai beni per definirne la proprietà – pratica che risale a tempi antichissimi – si può affermare che l’imprenditore è da sempre ben conscio del potere che si cela dietro i loghi.
100 anni di competizione
Quando si parla di “cola”, viene subito in mente un prodotto che ha fatto la storia del secolo scorso e che si è affermato come bevanda principe nel settore soft drink. In realtà, se si parla di cola e si chiudono gli occhi per un istante, davanti ai nostri occhi prende magicamente forma il logo Coca-Cola, storico marchio del soft drink più amato di tutti i tempi. In fin dei conti è proprio questo il potere del logo. Tuttavia pochi sanno il principale concorrente è più giovane di Coca-Cola di poco più di 10 anni vantando, al pari di uno dei marchi più noti al mondo, una storia secolare, a discapito della fama ottenuta. Pepsi Cola nasce nel 1897 e si pone subito sul mercato americano in diretta competizione con Coca-Cola, ingaggiando una sfida che, anche per chi vanta una memoria di ferro, sembra risalire alla notte dei tempi. La battaglia tra Pepsi e Coca si è giocata su campi diversi, quello della grafica prima e quello della comunicazione poi, a colpi di rebranding e blind test. Ma veniamo ai fatti, in che modo Pepsi si è giocata il tutto per tutto nella comunicazione della propria identità?
Primo periodo
Già da una prima analisi è possibile suddividere la storia del brand Pepsi in quattro fasi ben distinte, che rimarcano periodi storici diversi. Con il passare del tempo le esigenze espressive mutano e i brand, a volte, possono offrire uno spaccato anche culturale, oltre che commerciale dei paesi che li ospitano. Questo è il caso di Pepsi che, in origine, adotta un logo che non cela il suo posizionamento sul mercato americano.
Già alla nascita appare chiaro che l’identità visiva di Pepsi intende porsi in competizione diretta con quello di Coca-Cola. Il richiamo si fa ancora più esplicito nel rebranding del 1905, in cui sulla lettera “C” compare un baffo vistosamente ripreso dal marchio del competitor, ma riportato verso sinistra piuttosto che verso destra. Allo stesso modo la sottolineatura che originariamente sottolinea Pepsi, lasciando scoperta la parola Cola, viene evidentemente ripresa dal più anziano concorrente.
Secondo periodo
Ma nel 1940 Pepsi sembra aver imparato a camminare con i propri piedi e, subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale, cambia il logo, attingendo dai colori della bandiera americana.
Ecco spiegato il simbolo che, ancora oggi, caratterizza la Pepsi: si tratta di una stilizzazione del tappo della bevanda. In questa fase i cambiamenti si fanno sentire e, oltre all’aggiunta dell’immagine del tappo e alla scelta dei colori, nel 1962 scompare il termine “Cola” dal brand e cambia il font. Questo è il periodo in cui Pepsi decide in maniera chiara di prendere le distanze dal suo storico competitor scegliendo, tra l’altro, un font che si pone agli antipodi rispetto a quello utilizzato da sempre nel settore Cola.
Terzo periodo
Ma gli anni passano e la tendenza spinge i loghi verso la sintesi: la comprensibilità passa in secondo piano, a favore della capacità di imprimersi in maniera indelebile nella memoria.
Il tappo viene stilizzato, guadagnandosi a tutti gli effetti il titolo di elemento riconoscitivo del brand. Confrontando i diversi periodi in cui il brand ha cambiato veste grafica si evince come del marchio originario sia rimasto ben poco, oltre al nome. In quest’ultimo periodo assume ancora maggiore rilevanza il colore azzurro, in contrasto al rosso Coca-Cola.
Oggi
L’ultimo rebranding di Pepsi è avvenuto non troppo di recente, nel 2008, ma ha rivoluzionato il marchio, modificando il payoff e molti altri elementi, aprendo di fatto il quarto periodo nella storia Pepsi.
Il tappo è stato modificato, con la fascia bianca che attualmente vuole quasi suggerire un sorriso, e contornato con una sottile linea azzurra. Il font è minuscolo e la lettera “E” riprende il segno grafico proposto nel tappo, forse più com’era che com’è oggi. Tante voci sono girate intorno all’ultimo rebranding, alcune a parodiare l’intera operazione, alcune a commentare l’investimento, altre ancora a fare paragoni. Ciò su cui noi ci soffermeremo sono le parole del direttore marketing di Pepsi, che spiega i valori sui quali il brand è stato costruito.
“Utilizzando un marketing innovativo, che crede nei giovani e che li vuole coinvolgere direttamente in modo divertente e gratificante, vogliamo dare una dimostrazione di fiducia ai nostri consumatori: chiunque, non importa chi sia, può apportare un cambiamento positivo al proprio mondo”
Sebbene la citazione spieghi ben poco delle scelte fatte dal gruppo, si intuisce il tentativo di porsi in un mercato giovanile, quasi di rottura con il passato, rappresentato, nell’ottica Pepsi, dall’acerrimo concorrente, Coca-Cola.
E Coca-Cola sta a guardare?
Ebbene sì. Coca-Cola sta a guardare.
Agli occhi della maggior parte delle persone, Coca-Cola rappresenta il creatore indiscusso del settore e i pochi tentativi di ritocco del brand fatti dalla sua fondazione a oggi sono stati recepiti in maniera decisamente negativa dal pubblico, che rimane affezionato al marchio che, da sempre, caratterizza il settore dei soft drinks. D’altronde, cosa viene in mente se si pensa alla “cola”?
Ci sono brand e brand
Quando si parla di brand e di identità visiva si vanno inevitabilmente a toccare le emozioni, dal momento che l’universo di significati racchiuso dietro a un brand fa leva proprio su di queste. Quando si è l’inventore di un settore probabilmente si può fare a meno di investire sulla brand identity, in quanto tutto il settore sarà inscindibilmente legato ai significati che gli sono stati conferiti dal creatore. In questa situazione vengono creati anche gli espedienti espressivi che finiranno per connotare inevitabilmente il settore: ogni new entry non potrà fare altro che rispettare le regole del gioco, almeno fintanto che non gli venga attribuita una certa autorevolezza direttamente dal pubblico. In un mondo in cui molto è stato inventato, la partita si gioca dunque su ciò che i brand comunicano, su come lo fanno, su quanto riescono a emozionare e a rimanere nella mente delle persone. Così facendo, si può scoprire di avere ancora qualche asso nella manica, da spendere nella competizione con un’azienda più importante che però, magari, sottovaluta l’importanza comunicativa del brand.
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