La realtà aumentata, dall’inglese Augmented Reality (AR), è una tecnologia che permette di arricchire la percezione umana attraverso l’uso di dispositivi mobili che manipolano le informazioni digitali per offrire all’utente un’esperienza in tempo reale. Si tratta, in altre parole, di un’estensione dei cinque sensi a cui si sovrappongono elementi artificiali che si integrano con la realtà: puntando un tablet davanti a un dipinto, ad esempio, vedremo comparire testi o animazioni relativi all’opera d’arte. Nonostante sembri un concetto futuristico, si inizia a parlare indirettamente di AR già a inizio ‘900.
Il primo è L. Frank Baum, celebre scrittore americano di letteratura per bambini (la sua opera più famosa è “Il mago di Oz”), che in un romanzo illustrato del 1901, “The Master Key: An Electric Fairy Tale”, descrive un bizzarro congegno, il “Character Marker”: un paio di occhiali che se indossati avrebbero rivelato la natura delle persone mostrando una lettera sulla loro fronte (B per buone, C per cattive, S per sagge e così via).
Ma il vero pioniere dell’AR è lo scienziato americano Ivan Sutherland il quale nel 1968, con l’aiuto di un suo studente, crea il primo sistema di realtà virtuale (VR) e realtà aumentata, “La spada di Damocle”, chiamato così per via del peso eccessivo del congegno che doveva essere fissato al soffitto per consentirne l’utilizzo.
Da quel momento l’AR è stata impiegata in molti ambiti (industriale, militare, medico) e con scopi diversi, dalla visualizzazione di oggetti virtuali a ogni tipo di simulazione. Tuttavia il termine realtà aumentata è stato coniato piuttosto tardi rispetto alla sua invenzione: l’espressione è attribuita infatti all’ex ricercatore della Boeing Thomas Caudell che nel 1990 stava lavorando a un progetto per semplificare l’assemblaggio di cavi elettrici.
Comunque, fino al 1999 l’AR resta appannaggio esclusivo degli scienziati. In quest’anno Hirokazu Kato dell’Istituto di Scienza e Tecnologia di Nara sviluppa ARToolKit, una libreria software open source per creare applicazioni basate sull’AR. Per la prima volta, attraverso la connessione a internet e un semplice dispositivo munito di telecamera da indossare sulla testa, chiunque era in grado di oltrepassare i confini della realtà.
Realtà aumentata: la tecnologia
La prima distinzione da fare è quella tra realtà aumentata e realtà virtuale. Mentre l’AR permette l’inserimento di contenuti virtuali in uno spazio reale, la VR crea mondi virtuali in cui immergersi. Se dunque entrambe le tecnologie hanno un fine simile – l’interazione dell’utente – esse si differenziano nelle modalità di applicazione: con l’AR l’utente continua a essere in contatto con la realtà; con la VR tende a un isolamento completo. Ne consegue che la VR trova un terreno fertile nei videogiochi e in tutti quegli ambienti virtuali multi-utente come il famoso Second Life. L’AR, invece, proprio perché offre un’esperienza ancora più dinamica, si apre a scenari interessanti che tra poco esamineremo. Intanto vediamo qual è la tecnologia alla sua base e come funziona.
Per usufruire dell’AR bisogna disporre di:
- dispositivi specifici quali occhiali, caschi-display, visori in 3D;
- smartphone, tablet o pc muniti di un accesso a internet e di un software dotato di strumenti di rendering e di tracciamento (camere digitali, sensori ottici, accelerometri e GPS). Essi misurano la posizione e l’orientamento dell’utente in tempo reale e usano queste coordinate per calcolare il punto in cui si materializzerà l’informazione virtuale. Attraverso poi sistemi di riconoscimento vocale o dei gesti è possibile tradurre parole e movimenti in istruzioni per il computer.
Realtà aumentata: campi di applicazione
Per queste sue caratteristiche, l’AR ha infinite potenzialità. In ambito militare, ad esempio, permette ai piloti in volo di ottenere dati sulla quota, la velocità o sulla presenza di ulteriori velivoli mediante dispositivi integrati nel casco; in medicina può aiutare il chirurgo a monitorare le condizioni del paziente (il battito cardiaco, la pressione sanguigna) e a visualizzare le strutture anatomiche.
Negli ultimi anni poi, grazie alla diffusione delle app, l’AR è entrata a far parte della nostra vita quotidiana: in archeologia consente di ricostruire virtualmente monumenti, edifici e siti mostrando come erano in origine; nel marketing ha rivoluzionato le strategie tradizionali per coinvolgere ed emozionare il consumatore grazie alle riproduzioni in 3D; nelle scuole può produrre informazioni supplementari in un formato multimediale e trasformare quindi l’esperienza di apprendimento.
Infine tra i dispositivi più recenti meritano una menzione i Google Glass, gli innovativi occhiali prodotti dalla nota azienda statunitense di servizi online che forniscono informazioni attraverso un display a cristallo liquido su silicone montato sulla lente. I comandi possono essere gestiti con il touchpad, integrato sul lato destro, o mediante indicazioni vocali. È inoltre possibile scattare foto grazie a una fotocamera da 5 megapixel e realizzare video a 720p. A causa di alcune problematiche relative alla privacy (il fatto, ad esempio, di poter registrare le persone senza il loro permesso), il progetto ha subito un brusco arresto: nel febbraio del 2015 il “New York Times” ha annunciato che la realizzazione dei nuovi Google Glass è stata affidata a Tony Fadell, ex dirigente della Apple, e che non saranno rilasciati fino a quando l’ingegnere statunitense non li riterrà perfetti.
Nel frattempo, però, si stanno per affermare altre tecnologie: nei primi mesi del 2016 dovrebbero infatti uscire sul mercato l’Oculus Rift, un casco sviluppato dall’Oculus VR per la realtà virtuale che promette un coinvolgimento unico, e gli HoloLens della Microsoft, che pur avendo già avuto un riscontro positivo, limitano lo spazio dell’immaginazione a una finestrella.
Come si evince da questi esempi, il dibattito tra AR e VR è destinato a non esaurirsi qui e probabilmente le due tecnologie continueranno a convivere a lungo. Per quanto riguarda l’AR il suo futuro è ancora da scrivere e sembra lontano da quelle mirabolanti e visionarie ipotesi di “Ritorno al futuro – Parte II”. In attesa, possiamo consolarci rivedendo la saga: il giorno in cui anche noi verremo “divorati” dall’ologramma dello “Squalo” magari non è troppo lontano.