La tendenza a screditare il proprio brand sui profili social sta prendendo piede proprio in questo periodo, a seguito della campagna di reverse marketing attuata da Clio MakeUp. La nota beauty influencer ha pubblicato sul suo profilo Tik Tok un video in cui critica i suoi stessi prodotti.
Cosa è il reverse marketing?
Il termine reverse marketing indica una tipologia di marketing che si allontana dalle strategie comunicative e di vendita tradizionale, focalizzandosi sull’attrazione dei consumarti in maniera non convenzionale. Così facendo non si cerca più di convincere il cliente a farli concludere un acquisto, piuttosto lo si incuriosisce in modo tale da portarlo verso il brand in maniera del tutto spontanea. Insomma una sorta di marketing al contrario.
Per attuare questa strategia è necessario posizionarsi in modo insolito nei confronti del proprio brand, attraverso un tone of voice critico. Una volta incuriosito, l’utente ricercherà in maniera spontanea nuove informazione per comprendere il perché di questa comunicativa. O, nel caso di Clio MakeUp, resterà incollato al video, facendole totalizzare in poco tempo milioni di visualizzazioni.
Analizzando i risultati di Clio, ci si rende conto che il reverse marketing è una strategia che funziona e il suo successo lo deve proprio alla psicologia inversa. Infatti, disincentivando il messaggio di vendita diretta, il consumatore si focalizza sul prodotto invogliandolo ad un acquisto spontaneo.
Casi-studio di successo
Oltre al caso Clio MakeUp ci sono numerosi altri esempi di campagne di reverse marketing. Il caso più eclatante resta quello di Patagonia, dove in occasione del Black Firady, ha lanciato la campagna Don’t buy this jacket. L’inserzione, pubblicata sul New York Times nel 2011, invitava i clienti a non acquistare la giacca mostrata nell’annuncio.
Oltre al titolo, posizionato in bella vista a caratteri cubitali, l’annuncio era accompagnato da alcune informazioni che avevano come fine quello di sensibilizzare l’utente all’acquisto responsabile. In questo modo si sottolineava l’intento dell’azienda a ridurre l’impatto ambientale. Nonostante la call to action negativa la campagna ha suscitato interesse, facendo registrare a Patagonia un incremento delle vendite di +30%.
Altro esempio è il caso Takis, il marchio di patatine che nel 2018 ha ideato una campagna di reverse marketing con l’intento di entrare in un nuovo mercato. L’annuncio pubblicitario, dal nome Don’t eat Takis, ha catturato l’attenzione dei consumatori sul prodotto. Inoltre per contribuire a suscitare maggiore interesse, il brand ha reso inaccessibili le informazioni sui prodotti, rendendo privati i propri profili social. Terminata la campagna Takis ha ottenuto successo sia in termini di vendite che nella brand awareness, classificandosi al secondo posto tra gli snack preferiti dai canadesi.
Dai casi-studio si evince che le strategie di reverse marketing risultano essere un successo proprio grazie alle tecniche della psicologia inversa, ovvero una volta dato l’impulso negativo a non comprare, spesso si verificano conseguenze opposte.
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